Non è inusuale, durante le giornate autunnali e invernali, trovarsi in una situazione anticiclonica in cui spesso lo zero termico assume valori molto elevati e, in montagna, si assiste a giornate soleggiate e calde, mentre chi abita in pianura osserva dei cieli grigi che spesso non lasciano passare la radiazione solare neppure nelle ore più calde, oppure si ma limitatamente a 1-2 ore, e con temperature relativamente basse. Perchè si assiste a questa fenomenologia, e perché d'estate è molto più raro?
Per capirlo dobbiamo far ricorso agli insegnamenti della fisica dell'atmosfera. Di norma, quando ci si trova in regime anticiclonico, si è in presenza di correnti che, a livello del suolo, tendono a ruotare in senso orario attorno al massimo di pressione e contemporaneamente a divergere, come mostrato in questa immagine. La divergenza delle correnti al suolo richiama aria dall'alto e quindi siamo in presenza di moti discendenti (in gergo tecnico: correnti subsidenti) sopra le strutture anticloniche; nella realtà, tali correnti non sono esattamente verticali, ma possono mostrare lievi inclinazioni, soprattutto negli anticicloni dinamici. L'aria in moto discendente tende ad essere secca in quanto la sua temperatura interna aumenta a seguito della compressione adiabatica (l'aria in discesa, incontrando pressioni superiori, viene compressa adiabaticamente e quindi si riscalda) e allontana la massa d'aria dal punto di saturazione del vapore acqueo (questo poiché, in base alla legge di Clausius-Clapeyron, il contenuto di vapore acqueo alla saturazione aumenta esponenzialmente con la temperatura). Come risultato, in generale le correnti discendenti portano cieli sereni o quasi sereni, e non è un caso se la maggior parte delle aree desertiche del mondo si trova nelle fasce di latitudine tropicale, dove i moti verticali associati alle celle di Hadley della circolazione atmosferica globale sono discendenti. Per concludere, aggiungiamo che i moti di tali correnti discendenti sono molto deboli, di pochi cm/s.
A questo ragionamento, tuttavia, va aggiunto un altro fattore, ovvero quanto avviene nello strato limite. Infatti, in condizioni di alta pressione e cielo sereno, il suolo si riscalda e riscalda anche l'aria a contatto col suolo stesso, la quale, essendo leggera, tende a creare delle "bolle d'aria calda" (in gergo tecnico: termiche) che salgono; tale fenomeno si chiama convezione. In una giornata serena anticiclonica, quindi, siamo in presenza di due moti verticali opposti: il moto subsidente di discesa dall'alto verso il basso, legato all'anticiclone, e quello di salita dal basso verso l'alto, legato alla convezione. Chi vince? Generalmente, nessuno dei due. Questo perchè essi avvengono in due strati di atmosfera ben distinti, separati da uno straterello in cui la temperatura aumenta con la quota (inversione termica). Perchè si forma la zona di inversione termica? Perché, generalmente, la compressione adiabatica riscalda molto sensibilmente la massa d'aria, la quale assume temperature quindi molto alte. L'aria in salita dal suolo è soggetta allo stesso processo, ma siccome sale e incontra pressioni inferiori, si espande adiabaticamente, diminuendo quindi la propria temperatura. Quando le due masse d'aria si incontrano, risulta sensibilmente più calda quella che scende, e pertanto il moto si arresta (l'aria meno densa non può penetrare dentro quella più densa). In questa figura è rappresentato un profilo verticale reale di temperatura eseguito in una località tropicale che ben evidenzia i due strati con profilo adiabatico, sopra e sotto la zona di inversione termica. Questo tipo di profili rappresenta la norma nelle zone tropicali, ma situazioni simili si verificano anche in prossimità dei massimi anticiclonici delle medie latitudini, specialmente durante la stagione estiva e quando l'umidità atmosferica nello strato limite non è troppo alta.
Cosa c'entra l'umidità? C'entra. Perchè, durante i moti convettivi nello strato limite, se l'umidità dell'aria è elevata, può succedere che il raffreddamento dell'aria durante la salita porti il vapore acqueo a superare il punto di saturazione, favorendone quindi la condensazione in minute goccioline di nube. Si formano, quindi, delle nubi le quali, data la loro collocazione all'interno dello strato limite e il loro limitato sviluppo verticale (sono limitate in alto dalla base dell'inversione termica), rientrano nella categoria degli stratocumuli.
In presenza di stratocumuli, nello strato limite il soleggiamento risulta ridotto o assente, e pertanto il suolo non si riscalda. L'atmosfera in tale strato rimane pressoché neutrale, ovvero né stabile né instabile, e i debolissimi moti verticali risultanti sono dovuto soltanto alla turbolenza episodica o residua dentro tale strato. D'estate, la lunga durata delle ore di sole in genere alla lunga provoca la rimozione dello strato di inversione, almeno temporaneamente nelle ore più calde, e le termiche riescono a diminuire l'umidità nello strato limite diluendola in quota. D'inverno, date le temperature inferiori e lo scarso soleggiamento, spesso lo strato limite risulta separato dall'atmosfera superiore, e in presenza di nubi il soleggiamento è più difficoltoso; talora lo strato di nubi si rompe soltanto nelle ore più calde del giorno, quando la radiazione solare è più efficace, ma si riforma poi quasi immediatamente all'avvicinarsi del tramonto.
Come esempio, guardiamo il radiosondaggio notturno registrato a Cuneo alle 00UTC del 18/10/2014, in condizioni di cielo poco nuvoloso (qui) e quello registrato 24 ore dopo, sempre a Cuneo, alle 00UTC del 19/10/2014, in condizioni di cielo coperto da stratocumuli (qui). Si nota l'irrobustimento dello strato di inversione termica sopra la città. Se l'estensione verticale il giorno 18 era maggiore, l'intensità in termini di differenza di temperatura era minore; il giorno 19, lo strato si estende da circa 900 a 1600 metri, e l'inversione termica assomma a quasi 10 °C, valore che spiega bene il denso strato di stratocumuli presente su praticamente tutto il Piemonte e su gran parte della pianura padana, ad eccezione delle aree apine e prealpine (immagine satellitare qui).